RECENSIONE | Weathering with you

C’è tanto da dire su Weathering with you, ultimo film del regista giapponese Makoto Shinkai, divenuto negli ultimi anni un vero e proprio punto di riferimento nel panorama dei lungometraggi d’animazione e, più in generale, del cinema giapponese.

La sfida per Shinkai e per il suo team era molto alta: dopo il successo planetario di You Name. in molti aspettavano al varco, con occhio vigile, il nuovo film del regista e, possiamo dire, che la prova è stata superata. Pur con riserve.

In questa recensione cercherò di dare un giudizio oggettivo sulla struttura della trama e sulla realizzazione tecnica del film, riservandomi giudizi più personali e soggettivi nella parte finale. Chiaramente, essendo io un grandissimo sostenitore del regista e delle sue opere, anche la mia visione obiettiva potrebbe risentirne ma sono onesto con voi e lo specifico fin da subito: io amo profondamente i lavori di Shinkai. Tuttavia, da amante, sono sempre molto esigente, pertanto quelli che possono essere considerati da alcuni dei difetti minimi di un film io li trovo insopportabili.

Il film racconta la storia di Hodaka Morishima, ragazzo delle superiori che decide di scappare di casa per andare a vivere a Tokyo. Proprio durante il viaggio in nave verso la capitale giapponese, il traghetto su cui viaggia si ritrova nel bel mezzo di un violentissimo acquazzone. Il giovane rischia di finire in mare ma viene prontamente salvato da Keisuke Suga, un giornalista che scrive su una rivista a tematica paranormale. Keisuge lascia un biglietto da visita a Hodaka e si rende disponibile ad aiutarlo a trovare una sistemazione nella grande città, ma il giovane, almeno in un primo momento, preferisce arrangiarsi. Tuttavia la vita a Tokyo si dimostra ben presto più dura del previsto e Hodaka finirà per la strada senza più un soldo, ritrovandosi coinvolto in dinamiche pericolose con loschi figuri e finendo in possesso persino di una pistola rubata.

Parallelamente conosciamo Hina Amano, una ragazza orfana che si occupa del mantenimento suo e del fratellino. Scopriamo che la ragazza ha il potere di richiamare il sole durante le giornate di pioggia e sarà proprio questa sua dote, unita alle necessità economiche dei giovani protagonisti, a far sì che i due avviino un’attività di business: sotto lauti compensi Hina fa dissipare le nubi formulando preghiere, così che il sole possa risplendere in un punto preciso di Tokyo e per un periodo di tempo limitato.

Tuttavia, grazie alle indagini sul paranormale portate avanti da Keisuke insieme alla sua assistente Natsumi, scopriamo ben presto che il potere di Hina di controllare il tempo nasconde un destino avverso. Inoltre, mentre tra i due giovani protagonisti sembra scoccare l’amore, la fuga di Hodaka viene ostacolata dalla polizia e i due ragazzi troveranno numerosi imprevisti sul loro cammino.

Così come in tutta la filmografia di Makoto Shinkai, quest’ultimo film pone al centro della narrazione due giovani protagonisti che lottano per stare insieme. Tuttavia, sebbene il loro destino avverso sia il nocciolo del film e tutta la narrazione viaggia sul binario del classico dramma romantico adolescenziale, in questo film sono presenti una serie di dinamiche, temi e messaggi estremamente maturi e indirizzati ad un pubblico decisamente adulto che lo allontanano dalla semplicistica definizione di film romantico per ragazzi.

Fin dal principio siamo immersi in una Tokyo in cui vige il precariato, dove è difficilissimo trovare un impiego (oltre a Hodaka, che passa tutta la prima parte del film alla ricerca di un lavoro, anche il personaggio Natsumi è sempre in balia di colloqui e stesure di curriculum). Quella di Tokyo appare come una comunità chiusa, fredda, in cui un nuovo arrivato non riesce ad integrarsi, dove ogni individuo deve arrangiarsi nel risolvere i propri problemi, perché non si può fare affidamento sugli altri. Ingombrante, poi, è il tema della povertà e dell’importanza dei soldi, che spingerà i due giovani a far risplendere il sole su Tokyo solo sotto lauti compensi e non per il bene comune della collettività o per senso civico.

L’etica dei protagonisti e le motivazioni che li spingono a compiere i gesti che vediamo è un elemento molto interessante da analizzare in questo film e che lo differenzia profondamente da Your Name. o dai precedenti film di Shinkai. In Weathering with you quelli che osserviamo non sono propriamente dei modelli da seguire come gli esempi positivi di ragazzi che di solito vediamo nei film d’animazione. Il personaggio di Hina ci viene introdotto al capezzale della madre, mentre veglia su di lei all’ospedale. Inoltre, durante il film, scopriamo che fa di tutto per mantenere sé stessa e il fratellino, il che potrebbe spingerci frettolosamente a considerarla un esempio positivo, una ragazza che si sacrifica e che si sobbarca di responsabilità. Ma il fatto che sia disposta a fare di tutto per avere soldi (ripeto, di tutto!) fa di lei un personaggio non propriamente positivo. Senza considerare che risulta evidente ben presto, durante la visione del film, che lei non è tenuta a prendersi l’incarico di certe responsabilità che si autoimpone e che, da sola non, può e non deve risolvere. Shinkai arriva a mettere in scena addirittura un momento estremo, quando Hina è disposta a “lavorare” per dei mezzani, dimostrandosi non del tutto restia a cedersi a loro. Come dire, un po’ pesante come discorso da metabolizzare per uno spettatore.

Allo stesso modo il personaggio di Hodaka potrebbe sembrarci come il giovane ribelle che insegue i suoi sogni e non guarda in faccia nessuno. Lascia la casa e parte per un’avventura nella grande città, in un modo quasi fico, cool, che può sembrare divertente e scanzonato. Però questo benedetto ragazzino a Tokyo non ha un posto dove andare, si ritrova a dormire sulle panchine e a rovistare nella spazzatura, non ha un piano “B”, se non quando riceve l’aiuto da qualcun altro (Hina che gli offre il pranzo o Keisuke che gli propone di lavorare per lui). Hodaka ha abbandonato la sua famiglia senza dire loro nulla, la quale mette giustamente in allarme la polizia. Dei motivi che spingono il ragazzo a scappare di casa a noi spettatori non è dato sapere niente, così come non sapremo mai perché Hina non ha deciso di chiedere un aiuto agli assistenti sociali. Il personaggio di Hodoka, da questo punto di vista, ne esce decisamente sotto una luce negativa. A conti fatti è un ragazzino superficiale, che vuole dimostrare al mondo di non dover dipendere da nessuno e per farlo utilizza le capacità di un’altra persona per guadagnarci. Lascia la casa e la famiglia senza una motivazione che ci venga in qualche modo detta, non pianifica in maniera sensata la sua vita a Tokyo finendo a vivere per strada e sopravvivendo grazie alla carità della gente. Tuttavia la sua superficialità l’ho trovata molto credibile per l’età che ha.

Se ci pensate, alla fine, a prescindere da quale che sia il motivo per cui decide di lasciare la famiglia, un ragazzo che compie una scelta cosi, non ponderata e all’avventura, è un pazzo, e il fatto che il film ce lo mostri senza nessun tipo di giustificazione o di pretesto eroico l’ho trovato credibile e in linea col carattere di tutti quei ragazzi che fanno pazzie, molto più realistico di quanto si vede normalmente nei film con protagonisti giovani ragazzi senza macchia e senza paura che sconfiggono nemici e salvano il mondo.

Se, da una parte, questa scelta narrativa ha il difetto di apparire scellerata e poco ponderata, tra l’altro mettendo in mostra un’incompetenza totale della polizia così poco credibile che a tratti risulta essere quasi frustrante, dall’altro lato ha il pregio di dare ai protagonisti diverse sfumature di carattere, mostrandoceli non perfetti o completamente positivi e, per questo motivo, li ho trovati autentici. Nel finale Hodaka non compie alcun sacrificio, anzi! Nel salvare Hina sacrifica il destino di Tokyo, anteponendo i propri bisogni e le proprie pulsioni a quelle di un’intera comunità. Personalmente ho trovato questo elemento decisamente credibile: a conti fatti a due giovani che si amano poco interessa di tutto il resto, per loro conta solo stare insieme.

In definitiva, soppesando i pro ed i contro, penso di potermi dire soddisfatto della trama di questo film, ad eccezione di un unico, solo elemento che proprio non riesco a giustificare e che reputo nient’altro se non come una grossolana lacuna della sceneggiatura: la pistola.

Per un po’ ho creduto che l’elemento della pistola ritrovata da Hodaka volesse essere un MacGuffin. Tuttavia, se davvero fosse stato quello l’intento, si doveva creare enfasi nel suo ritrovamento, oppure si poteva evidenziare maggiormente come la polizia fosse sulle tracce di Hodaka proprio per recuperare quella pistola, non perché era scappato di casa o perché è stato visto con una ragazza scomparsa. Il MacGuffin in un film deve essere un motore virtuale, qualcosa che dia l’avvio alla trama, che inneschi l’intrigo, oppure qualcosa che per il protagonista del film ha un’importanza cruciale, attorno al quale si crea enfasi e si svolge l’azione, ma che non possiede un vero significato per lo spettatore. Deve spingere il film verso una direzione ma risultare superfluo alla fine della storia. La pistola poteva essere un ottimo elemento di MacGuffin, alla fine non sappiamo di chi sia, né perché era lì. Vediamo sì che la polizia la cerca, in alcuni momenti se ne parla, ma non viene ricoperta del tutto di quel ruolo che avrebbe potuto avere, dando al film quella spinta tipica del MacGuffin. Quella pistola alla fine è totalmente insignificante e poteva tranquillamente essere rimossa dallo script.

Analizzando invece il punto di vista tecnico questo film si dimostra un gioiello. Il fotorealismo degli sfondi raggiunge livelli mai visti prima in un’opera animata giapponese, Tokyo viene rappresentata con una perfezione quasi maniacale, tanto che la maggior parte delle vie riportano addirittura i loghi e le pubblicità presenti attualmente. Nonostante la capitale giapponese sia stata teatro delle vicissitudini di moltissimi film di Shinkai (anzi, quasi tutti), raramente l’abbiamo vista sporca e trafficata come in quest’opera. Per quasi tutto il tempo piove, e la pioggia acquisisce ben presto un proprio carattere, si trasforma da elemento a coprotagonista, rivelandosi ben presto non un semplice fenomeno atmosferico ma una minaccia, un mistero da svelare, un’ombra cupa sul destino dei protagonisti e sulla città intera. Se Shinkai già in altri film aveva sfruttato i fenomeni atmosferici per interporli ai personaggi delle sue storie (come in 5 cm al secondo e in Il giardino delle parole), qui la pioggia sembra acquisire quasi un significato sociale e culturale simbolo dei nostri giorni e dei cambiamenti climatici attuali.

Come in Your Name. anche in questo film troviamo un maggiore spazio concesso alle tradizioni e alla cultura giapponese, mentre non manca l’elemento del treno (seppur velato ma presente in una scena determinante) come costante della sua filmografia e capace di unire o allontanare i due protagonisti. In Weathering with you, infatti, Hodaka corre sui binari di una ferrovia in una Tokyo allagata: Shinkai pone quei binari sopra l’acqua, ancora una volta è quella l’unica via percorribile, il ponte che collega gli amanti separati, così come il treno fu il luogo in cui Mitsuha ritrova Taki Your Name., il mezzo utilizzato da Takaki per raggiungere Akari in 5 cm. al secondo o il pretesto dell’incontro tra Asuna e Shun in Viaggio verso Agartha.

Alla fine di tutto, la cifra e lo stile di Makoto Shinkai sono diventati un’insieme di elementi che sembrano ormai imprescindibili nei suoi film e questo, alla lunga, è diventato probabilmente il suo tallone d’Achille. Sebbene, come accennavo all’inizio di questa recensione, io mi consideri uno strenuo difensore dell’operato di Shinkai, capisco la frustrazione di parte del suo pubblico nel constatare che, bene o male, le sue opere si assomiglino molto. Tuttavia, personalmente, riesco ancora a trovare differenze sostanziali nei suoi film (che ho cercato di illustrare il più approfonditamente possibile), e, sebbene nelle sue sceneggiature spesso trovo delle lacune, resto dell’idea che Shinkai abbia un talento invidiabile nella messa in scena delle inquadrature, nella regia, nell’uso delle luci e nella gestione dei comparti tecnici nei suoi film.

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