Cars – Ovvero l’ascesa e discesa di John Lasseter

Siamo nel 2006 (per alcuni sembra ieri e invece sono passati già 12 anni!).

All’ingresso dei cinema di mezzo mondo ferventi cattolici protestano contro le sale che proiettano Il codice da vinci, mentre X-Men – Conflitto finale ci dà l’illusione di concludere la saga cinematografica dei mutanti Marvel.

La Pixar vive proprio in questi tempi un fermento mai avuto prima: di anno in anno gli ultimi film realizzati dallo studio di San Francisco raggiungono incassi sempre maggiori, ottenendo riconoscimenti dalla critica via via più importanti. Con il pubblico ormai si è creato un legame fatto di amore e fiducia: il logo della Pixar è sinonimo di qualità, quella qualità che ormai nessuno spettatore trova in altri prodotti mainstream d’animazione. Luxo, la lampada in computer grafica, seppur goffa e a volte timida, è un simbolo di luce che piomba nel mondo dell’animazione reso buio dalla sua monotonia e dai suoi schemi ripetuti all’infinito. Insomma, mentre i film animati Disney perdono smalto e si rivelano flop economici sempre più di frequente, nei confronti dello Studio di Emeryville vige un vero e proprio plebiscito di affezione, fiducia e spasmodica attesa.

La rivoluzione messa in atto dalla Pixar e dai suoi film genera un cambiamento così repentino nell’immaginario collettivo che gli accordi con la Disney che ne distribuisce i film fin dal primo Toy Story si bloccano in una fase di stallo. Dal 1995, infatti, i film prodotti dai Pixar Animation Studios vengono distribuiti dalla Walt Disney Pictures ed è nel 2004 che l’accordo tra le due scade. Ogni tentativo di rinnovo va a monte e i due Studios cinematografici vivono un braccio di ferro per il rinnovo del contratto che coinvolge i vertici stessi dei due colossi (da una parte il CEO della Disney, Michael Eisner, dall’altra parte Steve Jobs fondatore e amministratore delegato della Pixar).

Michael Eisner, John Lasseter e Steve Jobs

La situazione si fa critica al punto da spingere la Pixar a ritardare il più possibile l’uscita di Cars, decidendo di opporsi alla scelta della Disney di rilasciare i film al cinema durante la finestra temporale di novembre optando per quella ben più redditizia dell’estate, garantendo così l’uscita di DVD e Bluray per l’home-video sotto le feste natalizie. La Disney replica alla sfida con la minaccia di utilizzare i personaggi di Monsters & Co., Toy Story e Alla Ricerca di Nemo per sequel e film per l’home video realizzati senza il coinvolgimento della Pixar, fonda una nuova etichetta (la Circle 7), ricerca sceneggiatori e animatori, richiama a raccolta i vecchi doppiatori. Tutto questo crea un clima ancora più teso.

Da una parte quindi c’è la Pixar, forte della fama crescente del suo nome in tutto il mondo e i cui film diventano presto tra quelli di maggior successo della Disney. Dall’altra parte c’è proprio la Disney che, oltre ai diritti di distribuzione nazionale e internazionale detiene anche la possibilità di sfruttare a suo piacimento tutti i personaggi dei film (ad esempio con sequel per l’home video) e che vede i film realizzati dalla sua Walt Disney Animation Studios inanellare un fiasco dopo l’altro.

È proprio con Cars che si esce dall’impasse: Eisner lascia la Disney, a succedergli è il suo ex vice Robert Iger (per gli amici detto “Bob”) e molti mal di pancia interni ai Disney Studios si risolvono, compresa la situazione con la Pixar che finalmente si sblocca. La Disney, con un’operazione mostruosa da 7,4 miliardi di dollari, acquista i Pixar Animation Studios, che tuttavia mantengono autonomia creativa, rimangono a San Francisco (lontano da Burbank) e lavorano come un vero e proprio reparto a sé stante.

La classe di animatori della CalArts del 1976

A coordinare il tutto venne chiamato colui che la Pixar, in un certo senso, l’aveva creata dal nulla nel lontano 1979: John Lasseter. Dopo anni passati a sviluppare software, a studiare sui PC e a cercare l’ingrediente segreto nella formula del racconto Pixar, Lasseter viene posto come direttore creativo dei Pixar Animation Studios e dei Walt Disney Animation Studios, un unico deus ex machina che garantirà la qualità ormai consolidata della Pixar e risolleverà le sorti dell’animazione Disney forte del successo ottenuto negli anni.

Lasseter si presenta come colui in grado di creare l’ambiente idilliaco e perfetto, dove la creatività trova il giusto spazio e ogni voce viene ascoltata. Il suo viso sempre sorridente, le sue camicie divenute iconiche e l’indiscussa abilità come regista dei primi lungometraggi e cortometraggi Pixar fugano ogni dubbio. Sotto la sua regia abbiamo avuto infatti Toy Story, A Bug’s Life e Toy Story 2, oltre ai cortometraggi Luxo Jr., Red’s Dream, Tin Toy, Knick Knack, tutti film (e corti) che ottengono numerosi riconoscimenti e conferiscono fama e popolarità a Lasseter.

Un serie di successi che sembra inarrestabile. Fino all’arrivo di Cars.

Film fortemente voluto da John, Cars ottiene diversi premi e riconoscimenti, tra cui due nomination agli Oscar e il Golden Globe come miglior film d’animazione. Tuttavia la critica non rimase particolarmente colpita, per la prima volta nessuno urlò al capolavoro e gli incassi furono vistosamente inferiori dopo la costante crescita avuta negli anni precedenti.

Letta così poteva sembrare una magra consolazione per la Disney: il primo film da quando la Pixar le è costata quasi 7 miliardi e mezzo di dollari incassa al cinema “solo” 500 milioni. Ma è nel merchandising che Cars fa faville, portando nelle casse della società oltre 10 miliardi di dollari tra licenze, gadget e quant’altro.

Cars diventa il primo colpo non perfettamente a segno della casa che ha dato i natali a Woody e Buzz Lightyear, ma anche questa volta John Lasseter c’aveva visto lungo tra riconoscimenti e profitti. Resta solo il sentore di un primo, piccolo alone: un film che sì, diventa un successo economico (soprattutto fuori dalle sale cinematografiche) e sì, ottiene alcuni tra i più importanti premi del settore; eppure si percepisce in lontananza quello scricchiolante distacco dall’idea di cinema maturo, da quella direzione intrapresa da tutte le altre pellicole Pixar che sembrava volessero parlare ai bambini ma che in realtà volevano dire di più ai genitori che quei bambini li accompagnano in sala. Cars si pone al livello di un pubblico meno variegato, i livelli di lettura si appiattiscono un poco, i messaggi del film (sebbene maturi) sono resi in maniera più banale e didascalica.

I prodotti che nascono dal successo del film come serie tv e corti per l’home video sono essenzialmente spot per vendere altri giocattoli e relegano il film in una zona prescolare di semplice consumismo usa e getta, dimentico di ogni poesia (decisamente velata, è vero, ma presente) che aveva timidamente mostrato il film.

Dopo Cars continuano i film originali a cadenza annuale (o quasi) della Pixar, mentre sull’altro fronte si tenta di riportare in carreggiata lo storico Studio della Disney, i Walt Disney Animation Studios. Lasseter preme affinché si ritorni a produrre lungometraggi animati in tecnica tradizionale: è così che esce La principessa e il ranocchio, si ricominciano a produrre fiabe e musical, grazie al film Rapunzel ritorna in auge la formula del Rinascimento Disney che aveva reso inavvicinabile il dominio dei Classici Disney nel campo dei lungometraggi animati negli anni ’90.

La Disney e la Pixar vivono entrambe, per la prima volta insieme, un periodo di floride speranze e Lasseter gestisce i due più importanti e di successo Studios d’animazione del mondo: nessun progetto viene avviato senza la sua supervisione è diventa produttore esecutivo di ogni film animato realizzato sia dalla Disney che dalla Pixar. Come se questo non bastasse, la Disney a partire dal 2002 comincia a distribuire negli Stati Uniti i film dello Studio Ghibli, per i quali Lasseter viene accreditato come produttore esecutivo ed è sempre lui che in breve tempo ottiene il controllo dei DisneyToon Studios, uno Studio satellite che realizzava per conto della Disney film a basso budget dei sequel dei classici animati più famosi.

Il Pixar Braintrust alla 66^ Mostra del Cinema di Venezia nel 2009

Nel 2009 arriva l’ennesimo riconoscimento: Lasseter e tutta la crew di registi Pixar (il famigerato Pixar Braintrust) ottengono il Leone d’oro alla carriera alla 66^ Mostra del Cinema di Venezia. La Pixar ha già vinto numerosi premi Oscar grazie a film come Ratatouille e Wall-E , mentre Up, uscito proprio nel 2009, riceve addirittura la nomination nella categoria Miglior film (oltre alle nomination per Miglior  sceneggiatura originale, Miglior colonna sonora, Miglior montaggio sonoro e Miglior film d’animazione – che la Pixar vince per la quinta volta in nove edizioni).

Il 2011 è forse l’anno culmine di quella che è la storia dell’ascesa della Pixar, o almeno è l’anno che conclude il suo periodo di maggior successo. Esce Toy Story 3 al cinema, ennesimo gioiello osannato dalla critica, film che incassa oltre un miliardo di dollari in tutto il mondo e per il quale arriva la seconda nomination all’Oscar come Miglior film. Il capitolo conclusivo di quella saga con cui tutto era cominciato nel 1995 convince tutti che la Pixar è la sola capace di superarsi. O almeno, è quello che tutti pensano.

John Lasseter riceve la sua stella nella Walk of Fame di Hollywood nel 2011

Infatti è solo questione di tempo prima che il perfetto meccanismo che ha prodotto uno dopo l’altro alcuni tra i migliori film d’animazione della storia si inceppi. È solo questione di tempo prima che nel pedigree della filmografia Pixar quel piccolo alone lasciato da Cars ritorni dal passato. E questo succede proprio col suo sequel, Cars 2.

Questo film è la prima, vera delusione della Pixar. La critica lo stronca senza troppe riserve, il pubblico sembra ormai dirigersi verso altri lidi, o meglio, diciamo che negli anni la luce che emanava il faro della Pixar non riesce più a distinguersi nella nebbia e tanti, nuovi, validi Studios propongono film che agli occhi degli spettatori paiono molto simili tra loro. La Disney è ritornata in carreggiata, e trainata dal successo di Forzen ha riacquistato l’interesse degli spettatori, pellicole di realtà come la DreamWorks Animation, la Illumination Entertainment e i Blue Sky Studios raggiungono vastissima notorietà, la critica si lascia contagiare dalle animazioni più underground di Studios come Laika o Cartoon Saloon. In poche parole, la concorrenza è sfrenata e il margine che la Pixar deteneva sugli altri ha cominciato ad assottigliarsi.

Ai premi Oscar del 2012 della Pixar non vi è traccia alcuna: è la prima volta che un film dello Studio non riceve nemmeno una nomination e da un punto di vista prettamente economico Cars 2 altro non è che una vetrina per rimpolpare le casse dei Disney Store. Questo è il momento in cui Cars, film così caro a John Lasseter, si rivela essere un mero progetto commerciale con scarsissime (se non nulle) finalità artistiche, cosa che rispetto alla Pixar di un tempo risulta davvero stridente e a cui si aggiunge l’intenzione di produrre nuovi sequel, tradendo quell’animo di originalità e creatività che l’aveva contraddistinta fin dalla sua nascita.

Lo smalto che contraddistingueva le prime pellicole ormai è andato perduto: la Pixar è diventata come ogni altro Studios d’animazione, o forse sono gli altri Studios ad essere diventati come la Pixar. La stessa Disney, sempre sotto la guida di Lasseter, porta al cinema pellicole come Big Hero 6 o Ralph Spaccatutto che hanno uno stampo pixariano, mentre la Pixar dal canto suo realizza una fiaba come Ribelle – The brave o un film musicale come Coco che hanno molti aspetti disneyani. I due Studios non appaiono più due realtà a sé stanti e in quest’ottica è proprio la Pixar che sembra soffrire maggiormente: con poche e confuse idee, dal 2010 al 2018 vengono realizzati 10 film di cui 7 sono sequel o prequel dei vecchi fasti. Di questi, due sono anche i più bassi incassi mai ottenuti dalla Pixar: parliamo di Arlo e del terzo capitolo di Cars.

Il terzo capitolo della saga delle automobili, sebbene sia migliore del precedente film, viene quasi del tutto ignorato e diventa spudoratamente evidente la banale volontà di Disney di sfruttare un brand anche quando, almeno al cinema, poco è rimasto da dire. Come è possibile che Lasseter, così acuto nell’avviare determinati progetti, e così geniale nell’intuire determinate potenzialità, abbia collezionato una serie di scivoloni fino ad arrivare al fallimento di Cars 3, risulta quasi incredibile.

La parabola discendente sembra dunque arrivata alla fine, anche se il vero crollo, personale prima che professionale, per Lasseter arriverà nel novembre del 2017, nel pieno del ciclone mediatico del Caso Weinstein. Ma questa è un’altra storia.

Sarà solo a questo punto che verrà costretto alle dimissioni, lasciando il posto di direttore creativo dei Pixar Animation Studios a Pete Docter, mentre quello dei Walt Disney Animation Studios andrà a Jennifer Lee. Probabilmente, in questo brutto epilogo, per entrambi gli Studios d’animazione ora si aprono nuove possibilità, dopo una gestione che, partita con grandissimo entusiasmo ha evidenziato, nel lungo tempo, alcune grosse necessità tra cui un costante e repentino rinnovamento e il bisogno di mantenere ben separate le anime dei due storici Studios.

Solo il tempo ci dirà se la nuova direzione riporterà auge la Pixar. Sempre che non venga annunciato, per il futuro, Cars 4.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.